L’ANAC pubblica le linee guida sulle clausole sociali negli appalti: esclusa la loro applicazione rigida

Pubblicate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione le Linee guida recanti “La disciplina delle clausole sociali”. Si tratta di un documento con il quale l’ANAC fornisce la propria interpretazione della vigente normativa dettata dall’art. 50 del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) ed oggetto di una consultazione pubblica prima di acquisire carattere di atto di indirizzo definitivo. Ne emerge una lettura riduttiva degli obblighi di riassunzione imposti nell’ambito delle procedure di aggiudicazione di appalti e concessioni pubbliche, secondo la quale in sostanza ben poco sarebbe cambiato rispetto al regime precedente: le clausole, pur diventate obbligatorie, restano “flessibili” cioè destinate ad essere disapplicate ogni volta che l’impresa subentrante in un appalto necessiti di minori risorse lavorative per eseguirlo e presenti un’organizzazione aziendale incompatibile con l’assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente.

Il Tribunale di Torino nega ai riders di Foodora lo status (e i diritti) di lavoratori subordinati

Con la sentenza 778/2018 pubblicata il 7 maggio il Tribunale di Torino esclude che i “postini” di Foodora possano considerarsi lavoratori subordinati e, come tali, possano rivendicare l’applicazione del CCNL di categoria e le tutele contro il licenziamento arbitrario. Decisivo per il giudice l’assenza dell’obbligo di effettuare le prestazioni di lavoro e, per il datore, di riceverle. Confermerebbe il carattere autonomo del rapporto (sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa) anche l’assenza di ordini specifici in merito all’esecuzione della prestazione e della relativa attività di vigilanza da parte del committente. Irrilevante, a parere del giudice, la riforma del c.d. lavoro etero-organizzato (art. 2, dlgs. 81/15) che (con buona pace di chi l’ha realizzata) non limiterebbe affatto l’utilizzo delle co-co-co.

La Corte costituzionale amplia la possibilità per il lavoratore di ottenere la compensazione delle spese processuali in caso di soccombenza

Con la sentenza n. 77 del 19 aprile la Corte ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 92 del codice di procedura civile, norma che, dopo la riforma operata dal 132/2014, limitava fortemente la possibilità per il lavoratore di evitare la condanna alle spese processuali in caso di soccombenza in giudizio. Grazie alla sentenza diventa possibile ottenere la compensazione (parzialmente o per intero) quando esistono “gravi ed eccezionali ragioni” valutate dal giudice. Pur negando che il diritto alla compensazione possa di per sé derivare dalla debolezza contrattuale del lavoratore , i giudici delle leggi fanno rientrare nella valutazione del giudice anche le ipotesi in cui il lavoratore debba promuovere un giudizio senza poter conoscere elementi rilevanti e decisivi che sono nella disponibilità del solo datore di lavoro. Ne deriva la possibilità di ottenere la compensazione in tutte le cause promosse per contestare decisioni datoriali fondate su ragioni economiche o produttive (in primis, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo).

La Consulta boccia il decreto “salva Ilva” del 2015: sacrificato il diritto fondamentale alla salute

Con la sentenza n. 58/2018 depositata il 23 marzo la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 3 del decreto-legge n. 92 del 2015 e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies della legge n. 132 del 2015 che ammettevano la continuazione dell’attività di stabilimenti di interesse strategico nazionale in caso di sequestro disposto per reati inerenti alla sicurezza dei lavoratori. I giudici delle leggi – nel giungere a conclusioni opposte rispetto alla  sentenza n. 85/2013 con la quale avevano salvato il precedente d.l. 207/2012 – censurano oggi il fatto che la nuova normativa non condizionava la prosecuzione dell’attività ad alcun controllo pubblico preventivo né richiedeva l’adozione di misure tempestive atte a rimuovere la situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori. Continue reading “La Consulta boccia il decreto “salva Ilva” del 2015: sacrificato il diritto fondamentale alla salute”

Il Consiglio di Stato mette un argine all’uso delle cooperative negli appalti pubblici

Accogliendo un ricorso di un’agenzia di somministrazione (con sentenza 1571 del 12 marzo scorso) il Consiglio di Stato ha bocciato l’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi (nella ASL 6 di Roma) ad una cooperativa, in ragione del carattere non genuino dell’appalto. La cooperativa si limitava infatti a fornire personale, senza svolgere alcun “servizio” ulteriore capace di distinguere la sua attività da quella di un’agenzia di somministrazione ai sensi dell’art.29, comma 1 del d.lgs. 276/03. Da ciò l’annullamento degli atti di gara, mancando l’aggiudicataria dei requisiti necessari per somministrare manodopera (autorizzazione ministeriale e iscrizione all’Albo). La sentenza conferma i consolidati principi in materia di appalto, ma per la prima volta li enuncia con chiarezza anche nell’ambito degli appalti pubblici. A beneficiarne, nell’immediato, sono le agenzie di somministrazione, posto che l’appalto fittizio non comporta la costituzione del rapporto in capo al datore pubblico, per la quale resta necessario il concorso.

Confederali e Confindustria firmano il “Patto della fabbrica” sul “nuovo” modello di contrattazione

Firmato il Patto della fabbrica,  relativo al “nuovo” modello contrattuale tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. L’accordo (siglato il 9 marzo, ma raggiunto prima delle elezioni) ha anche un valore politico e segnala al futuro governo la volontà delle parti sociali di difendere il ruolo della contrattazione come sede di definizione dei minimi salariali, contro possibili invasioni di campo del legislatore. Continue reading “Confederali e Confindustria firmano il “Patto della fabbrica” sul “nuovo” modello di contrattazione”

Passo avanti della Corte di giustizia nel contrasto alle frodi contributive da parte di imprese (fittizie) con sede all’estero

Con la sentenza Altun del 6 febbraio (causa C-259/16) la Corte di giustizia ammette per la prima volta la possibilità per il giudice di disconoscere la validità del certificato A1, che attesta l’iscrizione ad un sistema previdenziale di un altro Stato di un lavoratore temporaneamente distaccato sul territorio nazionale da un’impresa ivi stabilita. Continue reading “Passo avanti della Corte di giustizia nel contrasto alle frodi contributive da parte di imprese (fittizie) con sede all’estero”