Il Consiglio di Stato censura la Commissione di garanzia e riduce da 20 a 10 giorni la durata della c.d. rarefazione oggettiva in caso di sciopero nel trasporto locale

Accogliendo in appello due ricorsi della Filt-Cgil e della Fit-Cisl il Consiglio di Stato (sentenze n. 2115 e 2116 del 1° marzo) annulla la delibera di provvisoria regolamentazione dello sciopero con la quale la Commissione di garanzia aveva esteso da 10 a 20 giorni la durata della c.d. rarefazione oggettiva, modificando l’accordo del 28 febbraio 2018 sulle prestazioni indispensabili nel settore del trasporto pubblico locale. La delibera della Commissione risulta viziata per carenza di motivazione, non avendo i Garanti dimostrato con dati attendibili che una simile compressione del diritto di sciopero fosse giustificata da un intensificarsi del conflitto collettivo nel settore.

Le Sezioni Unite della Cassazione negano il diritto alla stabilizzazione ai precari delle Fondazioni lirico-sinfoniche

Finisce male  la tormentata vicenda giudiziaria che in questi anni ha impegnato i precari delle fondazioni lirico-sinfoniche nel tentativo di ottenere la stabilizzazione. Con una duplica decisione (sentenze n. 5542 e 5556 del 22 febbraio), le SS.UU. della Cassazione escludono che la nullità dei loro contratti a termine dovuta all’assenza di ragioni oggettive possa comportare l’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato. Lo esclude la legislazione speciale in materia, da considerarsi norma imperativa derogatoria della generale disciplina del contratto a termine. In caso di reiterazione dei contratti affetti da nullità, resta il rimedio del risarcimento del c.d. “danno comunitario” (quantificabile tra 2,5 e 12 mensilità), con esonero dell’onere della prova per il lavoratore. Restano però anche i dubbi di legittimità costituzionale della normativa in materia, già oggetto di censura da parte della Corte costituzionale (sentenza 260/2015).

Legittimo l’obbligo di vaccinazione per il Covid 19: la Consulta chiude la questione

Con tre sentenze coeve (n. 14, n. 15 e n. 16 del 9 febbraio) la Corte costituzionale chiude definitivamente la questione relativa alla legittimità dell’obbligo vaccinale, imposto con la legislazione emergenziale per far fronte alla pandemia da Covid 19. Sulla scia della loro precedente giurisprudenza, i Giudici delle leggi confermano che l’art.32 Cost. consente al legislatore di introdurre l’obbligo di vaccinazione per tutelare la salute pubblica; ciò in virtù del generale principio di solidarietà che grava su tutti i cittadini. Il bilanciamento con la tutela della salute del singolo, in ipotesi esposto a possibili eventi avversi, si traduce nel diritto ad un indennizzo (previsto dalla legge 210/92). La libertà del singolo per altro resta preservata dalla possibilità di non adempiere l’obbligo, dal momento che questo non è coercibile ma solo produttivo delle conseguenze negative previste dalla legge (anche sul piano del rapporto di lavoro)

La Consulta detta le condizioni per la ripetizione delle prestazioni previdenziali non pensionistiche percepite indebitamente

Con la sentenza n. 8 del 27 gennaio la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità della ripetibilità dell’indebito previdenziale, per la quale il soggetto che riceve prestazioni di carattere non pensionistico (nel caso di specie, l’indennità di disoccupazione) senza averne diritto è tenuto a restituirle (ai sensi dell’art.2033 c.c.), al contrario, appunto, di quanto avviene per le prestazioni pensionistiche. I Giudici delle leggi giungono a questa conclusione considerando esistenti nell’ordinamento italiano i presupposti richiesti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo perché si possa ritenere rispettato il principio del legittimo affidamento. Ciò in quanto la clausola della buona fede oggettiva (ricavabile dagli artt. 1175 e 1337 c.c.) da una parte, tramite la rateizzazione, consente di adeguare l’adempimento della prestazione restitutoria alle condizioni economiche e patrimoniali dell’obbligato, dall’altra, in presenza di particolari condizioni personali dello stesso che attengono a diritti inviolabili, può comportare una inesigibilità temporanea o parziale.

Legge di bilancio 2023: smantellato il reddito di cittadinanza e più spazio per i voucher

Poche ma significative (per lo più in negativo) le novità introdotte dalla legge di bilancio 2023 (l. n. 197/22) in materia di lavoro e previdenza. Le modifiche della disciplina del lavoro occasionale (i c.d. voucher) (art.1, commi 342-354) sono finalizzate ad ampliarne l’utilizzo, grazie all’aumento del limite massimo del compenso annuo da corrispondere al lavoratore  (da 5000 a 10000 euro) e del numero di dipendenti dell’azienda che lo utilizza (da 5 a 10); in via sperimentale, per il biennio ’23-’24, i voucher sono utilizzabili in agricoltura fino a 45 giorni per lavoratore.  Tra le modifiche che interessano il reddito di cittadinanza (art. 1, commi 313-320), oltre alla drastica riduzione della durata della prestazione (da 18 a 7 mesi), inquieta il venir meno del riferimento nella legge alla “congruità” dell’offerta di lavoro, il cui rifiuto determina la decadenza dal beneficio; il che preannuncia futuri ulteriori interventi sul regime della “condizionalità”. Le nuove disposizioni hanno infatti carattere transitorio, in attesa della riforma complessiva della materia rinviata al 2024. In materia previdenziale, previste due ipotesi di pensionamento anticipato per tutto il 2023: c.d. quota 103 (art.1, commi 283-285) e opzione donna (art.1, comma 292).

In vigore la c.d. norma anti-rave: da scongiurare un suo utilizzo in ambito sindacale

Legittima preoccupazione (anche) per i rischi di un suo utilizzo in chiave anti-sindacale desta la c.d. norma anti-rave party (art. 5 del d.l. n. 162 del 31 ottobre 2022) adottata dal neo-insediato governo Meloni. La genericità della nuova fattispecie di reato (sanzionato con la reclusione da 3 a 6 anni) potrebbe infatti indurre a considerare “l’invasione arbitraria di edifici o terreni altrui” configurabile anche qualora avvenga nel contesto di un’azione sindacale, come nei casi di picchetti o occupazioni di azienda. In attesa di auspicabili modifiche del testo della norma in sede di conversione, si impone perciò una lettura costituzionalmente orientata della norma in questione. D’altra parte (come affermato dalla Corte costituzionale) il reato di occupazione di azienda, già sanzionato dall’art. 508 c.p., non è applicabile qualora l’attività dell’azienda sia già interrotta per altre cause (ivi compreso lo sciopero).