Il Tribunale di Bologna condanna l'”algoritmo” di Deliveroo come discriminatorio

Importante ordinanza del Tribunale di Bologna, con la quale per la prima volta vengono riconosciuti gli effetti discriminatori dell’algoritmo utilizzato da una piattaforma digitale per organizzare il lavoro dei c.d. riders. Secondo il giudice bolognese la penalizzazione ingiustificata della cd reputazione digitale, derivata dalla indisponibilità del rider a collegarsi al sistema (il cd log in) entro i primi 15 minuti dall’inizio del turno prenotato ovvero per effetto della tardiva cancellazione della sessione (la cd late cancellation), determina una forma di discriminazione vietata dal d.lgs. 216/03 (di attuazione della direttiva 2000/78 relativa al divieto di discriminazione per religione, convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale). La discriminazione assume (anche) carattere sindacale perché penalizza i lavoratori in caso di partecipazione ad uno sciopero.

 

Inammissibile per la Consulta la questione di costituzionalità sul regime dei licenziamenti collettivi del Jobs Act

Con la sentenza n. 254 del 4 novembre la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte d’Appello di Napoli in relazione alla disciplina dei licenziamenti collettivi prevista dal c.d. Jobs Act (art.10, d.lgs. 23/15). I vizi denunciati dal giudice di rinvio riguardavano sia la presunta violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.) in danno ai lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore della disciplina (7 marzo 2015); sia la presunta inadeguatezza del regime sanzionatorio meramente indennitario previsto in caso di violazione dei criteri di scelta, non compatibile con i principi deducibili dall’art. 30 della Carta dei diritti dell’UE e dall’art. 24 della Carta sociale europea, rilevanti nel giudizio di costituzionalità in quanto norme interposte ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost. La Corte non si è però espressa nel merito delle questioni, che ha respinto per vizi procedurali: il giudice di rinvio non avrebbe infatti chiarito sufficientemente né la natura dei vizi all’origine della controversia né il tipo di pronuncia richiesta alla Corte. Le questioni di incostituzionalità della disciplina restano dunque aperte, anche se la decisione sembra segnalare una scarsa propensione della Corte ad accoglierle.

Basta un ricorso cautelare per impugnare un atto datoriale nei termini di legge: lo dice la Corte costituzionale

Con la sentenza n. 212 del 14 ottobre scorso la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge n. 604 del 1966, nella parte in cui non prevede che il deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa (ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 cod. proc. civ.) possa impedire la decadenza dell’impugnazione di un atto datoriale, al pari di quanto avviene per effetto del ricorso ordinario davanti al giudice del lavoro o della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. In altre parole, per effetto della sentenza, basta anche un ricorso cautelare per impugnare efficacemente un atto datoriale (come il licenziamento o il trasferimento) entro il termine di 180 giorni dall’impugnazione stragiudiziale dello stesso.

In vigore la legge di conversione del decreto Agosto: novità su somministrazione, licenziamenti e congedi

La legge n. 26 del 13 ottobre di conversione del d. l. 104/2020 (c.d. decreto Agosto) contiene alcune significative novità rispetto al testo originario del decreto. In particolare: fino al 31 dicembre viene consentito l’utilizzo di lavoratori in somministrazione (assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia) oltre il limite di 24 mesi; la proroga del blocco del licenziamento al 31 dicembre è limitata alle aziende che utilizzano la cassa integrazione o che, avendola utilizzata, optano per l’esonero contributivo previsto dallo stesso decreto agosto; viene meno la possibilità di revoca delle procedure di licenziamento collettivo avviate o concluse, senza oneri per i datori, già prevista per chi avesse fatto contestuale richiesta di cassa integrazione; i genitori di figli in quarantena disposta dalla ASL possono accedere al lavoro agile o ad un congedo straordinario con indennità pari al 50% della retribuzione; è prolungato al 30 giugno 2021 il diritto allo smart working per genitori di figli con disabilità grave ed al 31.12.2020 per i lavoratori “fragili”.

Il Ministero del lavoro censura il CCNL “pirata” Assodelivery-UGL sui riders

Dura nota dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro rivolta ad Assodelivery,  firmataria lo scorso 16 settembre  di un CCNL  con UGL teso ad eludere gli obblighi relativi ai rapporti di lavoro dei c.d. riders, previsti dalla legge n. 128/2019 . In base a questa infatti, a partire dal 2 novembre prossimo, ai riders, anche se qualificati come lavoratori autonomi, spetta un compenso parametrato sui minimi orari previsti dal CCNL firmato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative di settori equivalenti o affini (quindi, il CCNL logistica-trasporto); ciò, salvo stipula di specifico CCNL da parte delle OO. sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative (art. 47 quater, comma 1 e 2, d.lgs. 81/15, come riformato appunto dalla l. 128/19). Il Ministero evidenzia come il CCNL Assodelivery non possa ritenersi attuativo di tale disposizione e dunque debba considerarsi non idoneo ad impedire gli effetti della legge 128/19; ciò sia perché UGL è priva dei requisiti di rappresentatività previsti dalla legge (da valutarsi in relazione allo specifico ambito di applicazione del CCNL), sia perché il meccanismo di calcolo del compenso ivi previsto, di fatto, mantiene in vita il cottimo, contraddicendo la ratio e la finalità della legge.

In vigore il c.d. decreto Agosto: proroghe degli ammortizzatori, sgravi per assunzioni e blocco dei licenziamenti

E’ entrato in vigore il c.d. decreto Agosto (D.L. 14 agosto 2020, n. 104), il terzo contenente misure per far fronte alla crisi pandemica dopo i c.d. decreti “Cura Italia” e “Rilancio”. Tra le misure in materia di lavoro: estensione di ulteriori 18 settimane (fino al il 31 dicembre) della durata di CIGO, assegno ordinario e Cassa in deroga (c.d. Cassa Covid), con obbligo di contribuzione per i datori che chiedano la proroga dopo i primi 9 mesi di erogazione (art. 1); esonero contributivo per 4 mesi per chi non accede alla Cassa (art. 3); proroga per 2 mesi di Naspi e Dis-Coll (art. 5); sgravi contributivi totali per chi assume a tempo indeterminato (per 6 mesi) o a termine (per 3 mesi), fino al 31 dicembre (art. 6); possibilità di rinnovare o prorogare i contratti a termine per un periodo massimo di 12 mesi anche in assenza di causale (art. 8); nuove indennità per lavoratori del turismo, intermittenti, autonomi privi di partita IVA, incaricati alle vendite a domicilio (art. 9), marittimi (art. 1o) e sportivi (art. 12). Resta il divieto di licenziamento individuale per GMO e la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo, fino al termine della fruizione delle integrazioni salariali o dell’esonero contributivo (cioè fino almeno al 14 novembre) (art.14).

Convertito in legge il c.d. decreto rilancio: prorogati i contratti a termine e ampliato il diritto allo smart working

Nella legge di conversione del c.d. decreto rilancio (legge 17 luglio 2020, n. 77) è stata inserita qualche novità degna di nota rispetto al testo originario. In particolare si prevede  l’automatica proroga del termine dei contratti  a tempo determinato (anche in somministrazione) e dell’apprendistato, per il tempo corrispondente alla sospensione dell’attività lavorativa causata dall’emergenza sanitaria e la possibilità di prorogare e rinnovare comunque fino al 30 agosto i contratti in essere al 23 febbraio 2020; il diritto allo smart working per i lavoratori più esposti a rischio contagio; la possibilità di beneficiare dei congedi Covid 19 (30 giorni con figli fino a 12 anni) fino al 30 agosto; il prolungamento a 45 giorni (rispetto ai 10 originari) fino al 17 agosto della durata dell’esame congiunto in caso di trasferimento d’azienda. La legge di conversione interviene anche sulle categorie protette, includendo nella quota di riserva chi, al compimento della maggiore età, si trova a vivere fuori dalla famiglia d’origine in virtù di provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Incostituzionale (anche) l’indennizzo previsto dal Jobs Act per i licenziamenti con vizi di forma

La Corte costituzionale smonta un altro pezzo del Jobs Act e dichiara l’incostituzionalità dell’art. 4 del d. lgs. 23/15, norma che, in caso di licenziamento illegittimo per vizi formali (violazione dell’obbligo di motivazione ex art.2, legge 604/66) e procedurali (violazione dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori) tutela il lavoratore con un indennizzo di importo pari ad una mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità di servizio, fino ad un massimo di 12 mensilità (sentenza n. 150 del 16 luglio). Tale meccanismo di calcolo automatico, fondato sulla sola anzianità di servizio, è contrario sia ai principi di eguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., sia ai principi dettati dagli artt. 4 e 35 Cost. a tutela del lavoro in tutte le sue forme e della dignità del lavoratore. Al  giudice va dunque restituita la potestà di valutare l’importo dell’indennizzo, al fine di garantirne l’adeguatezza tenendo conto di fattori ulteriori rispetto all’anzianità.

La Cassazione fa chiarezza sul trasferimento d’azienda in crisi: nessuna deroga al divieto di licenziamento

Con la sentenza n. 10415 del 1° giugno scorso  la Cassazione chiarisce la portata dell’art. 47, comma 4-bis, l. n. 428/90 relativo al regime del trasferimento d’azienda in stato di crisi, introdotto per adeguare la normativa nazionale alla sentenza della Corte di giustizia (in causa C-561/07) che aveva dichiarato la previgente disciplina in contrasto con la direttiva 2001/23. I giudici di legittimità, seguendo un’interpretazione della norma conforme al diritto dell’UE, precisano che la situazione di impresa in stato di crisi postula un procedimento che mira a favorire la prosecuzione dell’attività, in prospettiva di una futura ripresa e si discosta da procedure concorsuali liquidative rispetto alle quali la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata. Da ciò la conclusione che lo stato di crisi aziendale non possa costituire motivo per una riduzione dei livelli occupazionali e non consenta di derogare al principio generale secondo cui il trasferimento di un’azienda o parte di essa non giustifica il licenziamento, sia per l’impresa cedente che per quella cessionaria.

La Corte di giustizia respinge il rinvio relativo ai licenziamenti collettivi nel Jobs Act

Con ordinanza del 4 giugno la Corte di giustizia ha dichiarato la propria manifesta incompetenza a decidere sul rinvio pregiudiziale del Tribunale di Napoli in merito al supposto contrasto con il diritto dell’UE del vigente regime sanzionatorio relativo ai licenziamenti collettivi, come riformato dal c.d. Jobs Act. La questione era stata sollevata in relazione all’art.10 del d.lgs.23/15 che prevede una sanzione meramente indennitaria (dello stesso importo previsto per il licenziamento individuale ingiustificato: tra i 6 e i 36 mesi di retribuzione) in caso di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare nell’ambito di un licenziamento collettivo, introducendo così una palese disparità di trattamento rispetto ai lavoratori con rapporti già in essere al 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del d.lgs. 23/15), ai quali spetta la tutela reintegratoria. Per i giudici di Lussemburgo la materia non ha alcuna connessione con il diritto dell’Unione, non riguardando profili regolati dalla direttiva 98/59 che si limita ad imporre il rispetto di una procedura di informazione e consultazione sindacale; da ciò la loro incompetenza a valutare la compatibilità della normativa nazionale con l’art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, letta alla luce dell’art. 24 della Carta sociale europea, che riconosce il diritto ad una tutela adeguata ed effettiva in caso di licenziamento illegittimo.