La Corte costituzionale giustifica il diniego del reddito di cittadinanza agli stranieri non soggiornanti di lungo periodo

La Corte costituzionale con la sentenza 19/22 depositata il 25 gennaio dichiara infondate le questioni di costituzionalità sollevate dal Tribunale di Bergamo in relazione al requisito che condiziona il diritto al reddito di cittadinanza al possesso del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo,  ovvero all’aver soggiornato per almeno 10 anni sul territorio nazionale (art.2, comma 1, lett. a, n.1, L. 26/19). Secondo la Consulta tale requisito non violerebbe nessun diritto fondamentale della persona (ex art.2 Cost) nè il principio di non discriminazione (ex 3 Cost. e art. 14 CEDU, invocato come norma interposta ai sensi dell’art.117, comma 1 Cost.) in quanto il reddito di cittadinanza deve considerarsi una misura di politica attiva e non una prestazione meramente assistenziale e non è quindi finalizzato a soddisfare vitali esigenze di sostentamento del destinatario. La decisione mal si concilia con la coeva sentenza con la quale la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che subordinano la concessione agli stranieri extracomunitari del bonus bebè e dell’assegno di maternità alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo.

Introdotto l’obbligo di green pass rafforzato in tutti i luoghi di lavoro per gli over 50 (dal 15 febbraio)

Il d.l. n. 1 del 7 gennaio introduce l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini italiani e stranieri residenti in Italia che abbiano compiuto i cinquant’anni di età. A partire dal prossimo 15 febbraio e fino al 15 giugno, la mancata esibizione della certificazione verde Covid-19 al momento dell’accesso al lavoro determina la sospensione dal lavoro con diritto al mantenimento del posto e perdita della retribuzione, nonchè di qualsiasi altro compenso o emolumento (art. 1, comma 4). La misura è giustificata dal “fine di tutelare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro”; bene evidentemente da considerarsi prevalente rispetto al diritto alla retribuzione (art. 36 comma 1) ed al lavoro (art.4), in un contesto di emergenza epidemiologica. Il suo mantenimento in presenza di bassi indici di contagio potrebbe tuttavia sollevare legittimi dubbi di costituzionalità.

Approvate con la legge di bilancio le norme antidelocalizzazione: solo (blande) sanzioni pecuniarie per le aziende

Con la legge di bilancio 2022 entrano in vigore le nuove disposizioni di contrasto alle delocalizzazioni (art.1, comma 224-238, l. 30 dicembre 2021, n.234). In realtà i vincoli per l’azienda sono di natura meramente procedurale: le imprese che abbiano almeno 250 dipendenti e che decidano di chiudere una loro unità produttiva con conseguente licenziamento di almeno 50 lavoratori, sono tenute ad attivare una procedura di confronto con le parti sociali e le autorità pubblica (regioni, Ministeri del lavoro e dello sviluppo economico ed ANPAL). Il confronto dovrebbe portare alla  presentazione da parte dell’azienda di un piano per limitare le ricadute occupazionali della chiusura. Resta intatto il potere di licenziare al termine della procedura: potere sanzionato con un mero aggravio degli obblighi di contribuzione (già previsti in caso di licenziamenti collettivi dall’art.2, comma 35, l. 92/12), qualora sia esercitato in assenza di un accordo sindacale o in violazione degli obblighi assunti con il piano.

Riformati gli ammortizzatori sociali con la legge di bilancio 2022

Diverse le novità in materia di lavoro contenute nella legge di bilancio 2022 (l. 30 dicembre 2022, n. 234). Le principali riguardano gli ammortizzatori sociali (art.1, commi 191-222), dei quali si è inteso ampliare l’ambito di applicazione e la durata; tra queste, la riduzione dell’anzianità minima per accedere alle integrazioni salariali (da 90 a 30 giorni), l’estensione del trattamento ai lavoratori a domicilio ed agli apprendisti, la fine del divieto di svolgere attività lavorative durante la percezione del trattamento, l’estensione della CIGS a tutti i datori con più di 15 dipendenti, l’estensione della causale della riorganizzazione aziendale a fronte di programmi finalizzati a realizzare processi di transizione, l’estensione della NASPI agli operai agricoli, l’aumento dell’importo e della durata della DIS-COLL.

Tra le altre novità, giro di vite sui tirocini extracurriculari, per i quali governo e conferenza permanente dovranno definire nuove linee guida al fine di contrastare gli abusi nel loro utilizzo (commi 720-726) e nuove agevolazioni contributive di sostegno all’occupazione ed a favore della maternità (comma 137). Riformata anche la disciplina del reddito di cittadinanza, con aggravamento degli oneri di attivazione per il beneficiario.

Presentata dalla Commissione europea la proposta di direttiva sul lavoro tramite piattaforma

Presentata dalla Commissione europea la proposta di direttiva sul lavoro tramite piattaforme: se adottata è destinata a rafforzare significativamente i diritti dei lavoratori della gig economy (riders e non solo). Con essa si intende introdurre una presunzione di subordinazione in presenza di indici quali il controllo sulla qualità dell’attività svolta, l’esclusività del rapporto o l’effettiva limitazione della libertà di scelta dell’orario.  Di fondamentale importanza le regole relative alla trasparenza nell’utilizzo degli algoritmi, da garantire attraverso specifici obblighi di informazione  ed attribuendo ai lavoratori (subordinati e autonomi) il diritto di contestare le decisioni automatizzate. L’adozione della direttiva permetterebbe anche un più efficace esercizio dei diritti collettivi, grazie al riconoscimento di diritti di informazione e consultazione sindacale.

Nuove regole per il lavoro agile: siglato il Protocollo tra governo e parti sociali

Siglato l’accordo tra parti sociali e governo sulle regole da applicare al lavoro agile (c.d. smart working) nel settore privato. Si intende così superare la fase emergenziale che ha permesso l’utilizzo di questa modalità di esecuzione del contratto di lavoro in un quadro di pressochè totale deregolamentazione.

Confermato il carattere volontario del ricorso al lavoro agile (il cui rifiuto non può rilevare a fini disciplinari) ed il ruolo centrale attribuito all’accordo individuale, cui spetta definire anche specifiche misure tecniche/organizzative per garantire la disconnessione. Valorizzata la formazione, attraverso la previsione di percorsi formativi finalizzati ad incrementare le competenze tecniche, organizzative e digitali del lavoratore. Resta escluso, di norma, il ricorso allo straordinario.

Deliveroo condannata a rispettare i diritti sindacali e a disapplicare il contratto “pirata” Assodelivery-UGL

Si consolida la giurisprudenza favorevole ad una piena estensione ai riders delle tutele proprie dei lavoratori subordinati. Il Tribunale di Firenze, accogliendo il ricorso di Filcams, Nidil e Filt in opposizione al decreto del 9 febbraio scorso, impone a Deliveroo il rispetto dei diritti di informazione e consultazione sindacale (ex d.lgs. 25/07 e l. 223/91) e riconosce che UGL riders è un “sindacato di comodo” (ai sensi dell’art.17 l. 300/70) , in quanto tale non legittimato a sottoscrivere accordi capaci di regolare (anche) in deroga il rapporto di lavoro dei riders, ai sensi dell’art.2, comma 2, d.lgs.81/15: da ciò il carattere illegittimo dell’imposizione a tutti i lavoratori dell’accordo Assodelivery-UGL, pena il recesso dal rapporto di lavoro.

In vigore la legge 162/21 sulla parità di genere: nuovi strumenti per contrastare il gap salariale

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 5 novembre 2021, n. 162 (Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunita’ tra uomo e donna in ambito lavorativo). Tra le principali novità, viene esteso alle aziende con oltre 50 dipendenti (in luogo dei 100 ad oggi previsti) l’obbligo di redigere almeno ogni 2 anni  un rapporto sulla situazione del personale femminile e maschile; la redazione del rapporto, anche per le aziende che non vi sono tenute ma che decidano di compilarlo, è legata ai neo introdotti sistemi di certificazione della parità di genere e della conseguente premialità. La novella interviene anche sulla nozione di discriminazione, con l’intento di ampliarne l’ambito di applicazione (art. 25, d.lgs. 198/06).

In vigore il decreto che dispone l’obbligo di green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro

Con il decreto legge n.127/2021 è introdotto il controverso obbligo  di “possedere ed esibire, su richiesta” la certificazione verde Covid 19 (il c.d. greenpass) per accedere ai luoghi di lavoro, sia pubblici che privati. L’obbligo (in vigore dal 15 ottobre al 31 dicembre, termine di cessazione dello stato d’emergenza) è esteso a tutti i soggetti che negli ambienti predetti svolgano un’attività di lavoro, di formazione o di volontariato, “anche sulla base di contratti esterni”. La mancanza della certificazione, se previamente comunicata, è equiparata ad assenza ingiustificata, che implica la sospensione della retribuzione ma non comporta conseguenze sul piano disciplinare. E’ esposto invece a sanzioni disciplinari ed amministrative chi accede nei luoghi di lavoro privo di certificazione. Resta aperto il nodo del costo del tampone per i soggetti non vaccinati. Nel decreto, in merito, solo timide aperture al finanziamento pubblico dei temponi rapidi gratuiti.

GKN condannata per condotta antisindacale: il decreto del Tribunale di Firenze

Con decreto depositato il 20 settembre, il Tribunale di Firenze ha accertato la condotta antisindacale, ex art. 28, l. 300/70, di Gkn Driveline Firenze spa, azienda che produce componenti automobilistiche, di proprietà del fondo finanziario Melrose, a seguito del ricorso presentato dalla FIOM CGIL della Provincia di Firenze. La decisione di chiudere lo stabilimento attivando contestualmente le procedure di licenziamento collettivo ex l. n. 223/91 è stata giudicata lesiva degli interessi del sindacato ricorrente poiché ha impedito a quest’ultimo di “interloquire, come sarebbe stato suo diritto, nella delicata fase di formazione della decisione di procedere alla cessazione totale dell’attività d’impresa”. Una simile conclusione si basa, principalmente, sul contenuto del CCNL metalmeccanici e su un contratto aziendale concluso il 9 luglio 2020, la cui vincolatività è correttamente rilevata dalla giudice fiorentina.