La Consulta dichiara l’incostituzionalità del tetto massimo delle 6 mensilità dell’indennizzo per licenziamento illegittimo dei lavoratori delle piccole imprese

Dove non è arrivato il referendum della CGIL è arrivata la Corte costituzionale. Con la sentenza n. 118 depositata lo scorso 21 luglio i Giudici delle leggi dichiarano infatti l’incostituzionalità del tetto massimo delle 6 mensilità dell’ultima retribuzione come importo dell’indennizzo previsto dall’art. 9, comma 1, d.lgs. 23/15 per i lavoratori impiegati in aziende che non occupino più di 15 dipendenti. L’esito della sentenza era in buona parte scontato, facendo seguito al monito rivolto al legislatore dalla stessa Corte con la precedente sentenza 183/22, che aveva fatto salva la normativa in questione a condizione che questi intervenisse prontamente a riformarla. L’inerzia del legislatore ha dunque reso inevitabile la censura di incostituzionalità, dovuta all’evidente inadeguatezza dell’importo dell’indennizzo, schiacciato tra un minimo e un massimo (3-6 mensilità) talmente esiguo da non consentirne la necessaria personalizzazione che tenga conto delle circostanze del caso specifico. Resta in vigore invece la regola del dimezzamento dell’indennizzo rispetto a quanto previsto dallo stesso d.lgs. 23/15 per i dipendenti delle imprese con più di 15 dipendenti, che (si suppone) porta a configurare un nuovo “tetto” di 18 mensilità (la metà cioè delle 36 previste dall’art. 3, comma 1, d.lgs. 23/15).  Resta l’auspicio dei Giudici delle leggi di un intervento legislativo che riformi la materia tenendo conto del fatto che il criterio del numero dei dipendenti non costituisce più l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.