La Cassazione legittima le forme di lotta sindacale diverse dallo sciopero grazie ad una innovativa valorizzazione delle fonti internazionali

La sentenza della Cassazione n. 2596 dello scorso 11 aprile può segnare un significativo passo avanti nella giurisprudenza nazionale in materia di conflitto sindacale. I Giudici di legittimità infatti riconoscono che qualsiasi forma di lotta sindacale costituisca espressione del diritto all’azione collettiva, che comprende ma non si esaurisce nel diritto di sciopero sancito dall’art. 40 Cost. Se infatti quest’ultimo implica necessariamente l’astensione dal lavoro, la prima può integrare anche condotte “attive” dei lavoratori, espressione comunque del più ampio principio di libertà sindacale garantito dall’art. 39 Cost. A questa conclusione la Cassazione giunge valorizzando anche le fonti internazionali, in specie quelle europee, che attribuiscono rilievo di diritto fondamentale al “diritto di azioni collettive” (art. 6.2 della Carta sociale europea e art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE). Nel caso di specie, ciò ha comportato il riconoscimento della nullità dei licenziamenti intimati a dei lavoratori che avevano rifiutato di svolgere l’attività secondo turni imposti unilateralmente dall’azienda. Ne consegue un cambio di orientamento nella giurisprudenza sul c.d. sciopero delle mansioni, ad oggi consolidata nel considerarlo illegittimo.